A soli pochi giorni dal casoSea Watch, una nuova storia di immigrati sta sviluppandosi nelle acque del Mediterraneo. Un barcone con 150 persone, tra cui circa sessanta donne (alcune delle quali incinte) e trenta bambini, oltre a malati, si troverebbe infatti in difficoltà al largo delle coste della Libia.
A soli pochi giorni dal casoSea Watch, una nuova storia di immigrati sta sviluppandosi nelle acque del Mediterraneo. Un barcone con 150 persone, tra cui circa sessanta donne (alcune delle quali incinte) e trenta bambini, oltre a malati, si troverebbe infatti in difficoltà al largo delle coste della Libia.
Altri essere umani, quindi, che rischiano la vita. Altre persone, che, lasciandosi alle spalle barbarie e crudeltà, sofferenze e dolore, hanno deciso di lasciare il paese di origine nel tentativo di dare concretezza a sogni e speranze, confidando in solidarietàeaccoglienza.
La notizia di oggi, 11 febbraio 2019, è giunta intorno a mezzogiorno da “Alarm Phone”, servizio telefonico di supporto per le imbarcazioni. L’imbarcazione è partita da Khoms – Libia – ma ha purtroppo smesso di funzionare, a causa del motore, in avaria. Le parole di allarme riportate sono le seguenti: “Chiediamo l’immediato intervento degli assetti della Marina militare e della Guardia costiera italiane e maltesi. Chiediamo che venga diramato l’SOS ad ogni nave presente nell’area, senza che questo significhi in alcun modo, come avvenuto nel recente passato, ordinare ai cargo commerciali di riportare le persone soccorse in Libia. Ricordiamo che ciò configura una gravissima violazione di tutte le Convenzioni internazionali sui diritti umani e del diritto del mare”.
Mentre un’altra imbarcazione è alla deriva, con a bordo 150 migranti, il decreto Sicurezza cambia le regole per il sistema che gestisce i richiedenti asilo sul suolo italiano. Ciò si profila sempre più rapidamente, non senza dar luogo a ripercussioni e conseguenze di non poco conto, anche sugli italiani. L’ex hotel Bellevue di Cosio Valtellino (Sondrio), per citare un esempio, chiude.
Trasformato in centro d’accoglienza per offrire protezione ai migranti, per effetto del decreto Sicurezza serra le sue porte. La domanda di continuare l’attività, inoltrata dal titolare, invero, non è stata accolta nel bando della Prefettura di Sondrio. Ciò significa che i dipendenti della struttura saranno costretti a perdere il lavoro ed il proprietario, ovviamente, a reinventarsi un’attività per mandare avanti la famiglia. In qualità di imprenditore, infatti, lo stesso si vedrà costretto a lasciare a casa, senza lavoro, otto persone, oltre al genero pachistano. Senza considerare, in aggiunta, che non potrà più dare lavoro ai fornitori di generi alimentari, ovvero a coloro che gli hanno sempre assicurato dall’esterno alcuni servizi.
Un duro colpo per i valtellinesi, per gli italiani come il titolare dell’ex hotel Bellevue, che ha sempre svolto il proprio lavoro di albergatore con onestà, trovandosi, dal 21 marzo del 2014, ad accogliere i richiedenti asilo per specifica richiesta delle autorità locali.
Da ultimo, l’angoscia e le preoccupazioni anche dei colleghi dell’imprenditore che, pur logorati ed esausti dalla situazione in essere, vorrebbero chiudere la propria attività, non tuttavia avendo la possibilità di farlo, purtroppo, a causa delle ingenti esposizioni con gli istituti di credito.
Contesti difficili, quindi, in cui il proprio agire quotidiano, molte volte, si infrange contro un muro di decisioni, regole, principi, sistemi al di sopra di qualsivoglia proposito od impegno umano.
A soli pochi giorni dal casoSea Watch, una nuova storia di immigrati sta sviluppandosi nelle acque del Mediterraneo. Un barcone con 150 persone, tra cui circa sessanta donne (alcune delle quali incinte) e trenta bambini, oltre a malati, si troverebbe infatti in difficoltà al largo delle coste della Libia.
Altri essere umani, quindi, che rischiano la vita. Altre persone, che, lasciandosi alle spalle barbarie e crudeltà, sofferenze e dolore, hanno deciso di lasciare il paese di origine nel tentativo di dare concretezza a sogni e speranze, confidando in solidarietà e accoglienza.
.La notizia di oggi, 11 febbraio 2019, è giunta intorno a mezzogiorno da “Alarm Phone”, servizio telefonico di supporto per le imbarcazioni. L’imbarcazione è partita da Khoms – Libia – ma ha purtroppo smesso di funzionare, a causa del motore, in avaria. Le parole di allarme riportate sono le seguenti: “Chiediamo l’immediato intervento degli assetti della Marina militare e della Guardia costiera italiane e maltesi. Chiediamo che venga diramato l’S.O.S. ad ogni nave presente nell’area, senza che questo significhi in alcun modo, come avvenuto nel recente passato, ordinare ai cargo commerciali di riportare le persone soccorse in Libia. Ricordiamo che ciò configura una gravissima violazione di tutte le Convenzioni internazionali sui diritti umani e del diritto del mare”.
Mentre un’altra imbarcazione è alla deriva, con a bordo 150 migranti, il decreto Sicurezza cambia le regole per il sistema che gestisce i richiedenti asilo sul suolo italiano. Ciò si profila sempre più rapidamente, non senza dar luogo a ripercussioni e conseguenze di non poco conto, anche sugli italiani. L’ex hotel Bellevue di Cosio Valtellino (Sondrio), per citare un esempio, chiude.
Trasformato in centro d’accoglienza per offrire protezione ai migranti, per effetto del decreto Sicurezza serra le sue porte. La domanda di continuare l’attività, inoltrata dal titolare, invero, non è stata accolta nel bando della Prefettura di Sondrio. Ciò significa che i dipendenti della struttura saranno costretti a perdere il lavoro ed il proprietario, ovviamente, a reinventarsi un’attività per mandare avanti la famiglia. In qualità di imprenditore, infatti, lo stesso si vedrà costretto a lasciare a casa, senza lavoro, otto persone, oltre al genero pachistano. Senza considerare, in aggiunta, che non potrà più dare lavoro ai fornitori di generi alimentari, ovvero a coloro che gli hanno sempre assicurato dall’esterno alcuni servizi.
Un duro colpo per i valtellinesi, per gli italiani come il titolare dell’ex hotel Bellevue, che ha sempre svolto il proprio lavoro di albergatore con onestà, trovandosi, dal 21 marzo del 2014, ad accogliere i richiedenti asilo per specifica richiesta delle autorità locali.
Da ultimo, l’angoscia e le preoccupazioni anche dei colleghi dell’imprenditore che, pur logorati ed esausti dalla situazione in essere, vorrebbero chiudere la propria attività, non tuttavia avendo la possibilità di farlo, purtroppo, a causa delle ingenti esposizioni con gli istituti di credito.
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Avv. Iacopo Maria Pitorri
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